Tanto gentile e tanto onesta così pareva, così a Rimini me ne avevano accennato.
Certo, non che parlasse molto lei. La sua bella testina la ricordo spesso china sui libri. Leggeva lei. Di cosa non ne ho idea. Io di libri non sacciu nenti. A me piace solo jucari con i cani da caccia. E la nebbia sul mare mi piace. L’avete mai vista la nebbia a dicembre, al finire della spiaggia che sembra sciogliere il mondo in un’onda nuvolosa? Non chiamatemi sciancato. Io avrei potuto volare se solo avessi avuto un vate, che dico, un padre dalla mia parte. Niente. Hanno scritto di loro ed io, col mio nome già infermo e adesso tradito. “Cornuto e mazziato” diceva quel mio amico della Cicilia. Non che io non avessi cercato di coinvolgerla.
“Signora, andiamo a caccia. Volete forse accompagnarmi?”
“No grazie, preferirei di no.”
“Cara moglie, siamo invitati dai vostri parenti di Ravenna a un banchetto sul Delta. Ci andiamo?”
“No grazie, preferirei di no.”
“Volete che organizziamo un ricevimento per il vostro genetliaco?”
“No grazie, preferirei di no.”
E così via, per una decina d’anni. Sempre al buio, senza aprire le finestre che la stanza dove dormiva aveva preso l’odore di stantio. Mamma mia che allegria, mi sa che portasse pure scalogna. Nel dubbio fatemi toccare il ferro del mio stiletto, non si sa mai…
Mio fratello non valeva niente. Era bello, almeno così dicevano e aveva pure la fama di sciupafemmine. Sempre a caccia, pure lui. Credete che non me ne fossi accorto che si era messo a gironzolarle intorno? Zoppicavo sì, ma la mente correva. Ma a me che importava? Dopo tutto mi faceva comodo che avesse compagnia, perché, come avrete ben capito, a me mia moglie annoiava a morte.
Mò guardate che io quel pomeriggio non dovevo nemmeno starci alla Rocca. Dovevamo andare a Cesena a conquistare il porto, ma vuoi che le cozze impepate, i calamari indorati e le anguille fritte che avevo strafogato la sera prima a Comacchio, non dovessero farmi effetto proprio mentre eravamo già in marcia con tutto il seguito di araldi, scudieri e palafrenieri? Dovetti fare buon viso a cattiva digestione e visto che eravamo in aperta pianura e non c’era nemmeno una fratta, dove imboscarsi, con uno sguardo implorante alla mia scorta feci cenno di tornare indietro e spronai Aquilante verso Gradara.
Giuseppe Luigi Poli
Paolo e Francesca
Arrivato, mi misi subito a cercare la toilette. La Rocca però che non frequentavo molto, pare avesse più di trecento stanze, come pensate che la trovassi subito?
La vedete adesso la mia espressione? Insofferente, corrucciata, sul punto di esplodere? Credevo di avere trovato la mia liberazione e invece… Sorpreso? Nemmeno un poco. Forse offuscato, dalla mise di mio fratello che così conciato mi pareva l’Otto di Bastoni. E quelle scarpette da danzatrice morlacca poi!
E avete osservato il volto di lei? Ma manco Maria Goretti, direste oggigiorno voi. Sembra ‘na ragazzetta cui una zia bavosa stia dando un bacio da lumaca e che non vede l’ora che si tolga di torno. Poi, guardate che squallore quella stanza: i panni buttati sulla sedia, quel tavolo di seconda mano che pareva un asse da stiro, a me tutto questo disordine fa uscire dai gangheri.
Voi direste che sono affetto da sindrome ossessivo-compulsiva, tutto deve stare allineato, gli armigeri, le mattonelle, le pantofole sullo scendiletto.
A proposito, ma l’avete notata la fetta di piede che aveva mia moglie? E poi parlavano delle mie gambe storte.
Lei con quelle pertiche ci poteva davvero andare a pescare le anguille in laguna! E per finire: ma si può dare un bacio in quella postura, suvvia!
Tanto patetici e ridicoli, infatti, parevano che io volevo fare finta di niente. Indietreggiare in silenzio, trovare la toilette e andarmene in taverna, bella lì oste, versa il tuo antico lambrusco, libiamo, libiamo, libiamo e si freghino tutti!
Noblesse, ma quando la vita ti mette di fronte a certe maledettissime situazioni… oblige. Dovetti quindi agire di conseguenza e nel farlo mi ricordai del mio amico Ciciliano:
“E tu, cosa fetusa! – incominciai che parevo Nino Taranto – portasti il disonore a casa mia!”
“Giangi, guavda, non è come…”
Chiamatemi come volete voi, ma Giangi non si può proprio sentire e quella “r” moscia di mio fratello mi scuoteva il sistema nervoso! Basta, non ne potevo più. Feci quello che dovevo e finalmente andai alla toilette.
Adesso ne ho parlato anche con quello di Firenze. Gliel’ho detto: “Fa’ tu. Ti ho spiegato la situazione. Dicono che sei un uomo intelligente. Che hai naso. Se vuoi, fammi volare.”
Ma lui ha scelto di fare volare loro.
Nell’identica noia di sempre.
Biografia dell'autore

Giovanna Mennillo è nata a Napoli nel 1970 e vive a Bergamo. Lavora in Humanitas Gavazzeni da più di 20 anni. Nel suo percorso di studi c’è il Liceo artistico che l’ha fatta innamorare dell’arte e del disegno. Tanto gentile… è il suo primo racconto.
Giovanna, del Servizio clienti, è il dodicesimo autore di Opere in Parole, vincitrice del concorso letterario interno “Vuoi essere tu il 12° autore?” aperto a medici, infermieri e personale staff dell’ospedale. Il suo racconto è letto da Alessio Boni.
Biografia del narratore

C’è un motto che caratterizza Alessio Boni fin da adolescente: “Se il tuo mondo non ti permette di sognare, scappa verso un dove puoi”.
A 19 anni, conseguito il diploma di ragioneria, lascia il lavoro di piastrellista e il lago d’Iseo, dove è nato. Non immagina che non ci tornerà più e che, dal quel momento, non si fermerà più. Non sa ancora quale sia il suo sogno. Lo cerca a Milano (in polizia), in America (dove fa di tutto: newspaper delivery boy, lavapiatti, babysitter), poi nei villaggi turistici (come animatore).
Lo trova finalmente a 22 anni, la prima volta che va a teatro. Vede La Gatta Cenerentola di Roberto De Simone, che gli cambia la vita. Da lì, l’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico a Roma; incontri importanti con maestri come Andreas Rallis, Orazio Costa Giovangigli, Peter Stein; gli anni di tournée teatrale con Giorgio Strehler e Luca Ronconi; il debutto sul piccolo schermo con La donna del treno per la regia di Carlo Lizzani, e sul grande con La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana.
L’interpretazione di Matteo Carati gli fa da trampolino di lancio. La sua carriera professionale spicca il volo e, ruolo dopo ruolo, scopre nuovi mondi in cui sognare: interpreta Caravaggio, Giacomo Puccini, il principe Andrej Bolkonskij, Walter Chiari, Ulisse, Giorgio Ambrosoli, Enrico Piaggio e perfino Dio nello spettacolo teatrale Il visitatore diretto da Valerio Binasco.
Nel 2019 è al cinema con Tutte le mie notti di Manfredi Lucibello e Non sono un assassino di Andrea Zaccariello. E in televisione con La compagnia del cigno di Ivan Cotroneo, di cui sta girando la seconda stagione.
Nel contempo, varcati i 50 anni, dopo circa 30 trascorsi tra palco e set, la curiosità lo ha portato anche “dall’altra parte della barricata”. Nel 2015 ha esordito alla regia teatrale con lo spettacolo I duellanti tratto dal libro di Joseph Conrad. Nel 2018 si è cimentato con il capolavoro di Miguel de Cervantes, Don Chisciotte, di cui ha curato la regia, interpretato il protagonista e di cui spera di riprendere presto la tournée.
Opere a cui è ispirata questa storia
Collocazione riproduzioni
Accettazione SSN