Pittore ligure, da Rogier van der Weyden e bottega

Seconda metà del 1400

San Girolamo che leva la spina al leone

1460 – 1470

Tempera e olio su tavola 58 × 38 cm

Collezione Guglielmo Lochis, 1866

Originale

Accademia Carrara
Sala 1

Riproduzione

Humanitas Gavazzeni
Entrata via Gavazzeni

Un uomo che toglie una spina dalla zampa di un leone. È un’immagine inconsueta, ma decisamente tradizionale quando si parla di San Girolamo.

Sono due le iconografie principali di San Girolamo: una lo ritrae con l’abito cardinalizio e con il libro della Vulgata in mano, oppure intento alla scrittura; un’altra la rappresenta svestito e con il cappello cardinalizio gettato a terra, in ginocchio in adorazione del crocifisso o con un teschio, e spesso còlto mentre si batte il petto. Frequentemente è accompagnato da un leone mansueto.

Chi è Girolamo?

San Girolamo è, insieme a Sant’Agostino, tra i padri della Chiesa d’Occidente.

Lo stesso Girolamo nel De viris illustribus dichiara di essere ‘dalmata’, originario della città di Stridone: «Hieronymus natus patre Eusebio, oppido Stridonis, quod a Gothis eversum, Dalmatiae quondam Pannoniaeque confinium fuit»La provincia romana della Dalmazia si estendeva oltre la fascia costiera dell’attuale regione croata, fino a nord dell’odierna Bosnia, ma l’ubicazione precisa della città di Stridone rimane ancora un mistero.

Nato nel 347 da una famiglia cristiana agiata, andò a Roma per completare gli studi; qui seguì le lezioni del celebre grammatico Elio Donato, che gli trasmise la passione per la cultura classica, visitò le catacombe e i sepolcri dei martiri cristiani, ma fece anche esperienza dell’ambiente frivolo e sregolato che la capitale dell’impero offriva ai suoi abitanti e avventori.

La notte di Pasqua del 366 ricevette il battesimo dalle mani di papa Liberio: iniziava una nuova vita per Girolamo.

Lasciata Roma si recò a Treviri, soggiornò ad Aquileia e, partito per l’Oriente fra il 373 e il 374, rimase a lungo ad Antiochia, approfondendo lo studio della lingua greca. Da lì, si ritirò nel deserto di Calcide.

Girolamo e il leone

Rimase nel deserto per tre anni, durante i quali sperimentò il lavoro, la solitudine, le privazioni e si dedicò alla meditazione, alla preghiera e allo studio. Qui ebbe luogo una delle vicende più famose e iconiche su di lui: un leone arrivò dal deserto mettendo in fuga i monaci. Girolamo non fuggì con gli altri, anzi, si avvicinò al leone e si rese conto che era ferito. Girolamo curò le ferite dell’animale e lo accolse con i suoi fratelli nella comunità, al fianco dell’asino, unico bene dei monaci. Un giorno l’asino fu rubato mentre il leone dormiva e i monaci accusarono la belva di averlo mangiato. Quando il leone incontrò l’asino, al seguito dei mercanti che lo avevano rubato, lo riportò ai monaci. La leggenda è così famosa che la si trova raccontata in molti scritti dei secoli successivi ed ha ispirato la caratteristica rappresentazione iconografica di Girolamo in compagnia del leone, come quella della Carrara.

Come nacque la vulgata

Lasciato il deserto per alcune divergenze con i suoi fratelli, fu ancora ad Antiochia, poi a Costantinopoli e di nuovo a Roma. Divenuto amico e segretario di papa Damaso, erudito e poeta, iniziò a lavorare alla traduzione in latino della Bibbia, più tardi denominata Vulgata.

La Vulgata è l’opera alla quale è legata la fama di Girolamo. È la versione in latino del Vecchio e del Nuovo Testamento, effettuata tra il 390 e il 404. La Vulgata vide la luce poco a poco, libro dopo libro, ognuno dedicato ad amici diversi. In quegli stessi anni Girolamo fondò il circolo biblico dell’Aventino, dedicato allo studio della Bibbia e frequentato dalle donne della nobiltà romana.

La morte di papa Damaso e le tensioni con il clero di Roma lo costrinsero a lasciare Roma; si stabilì definitivamente in un monastero a Betlemme, dove rimase fino alla morte, dedicandosi a un’instancabile attività letteraria. Le opere di Girolamo sono numerosissime: manuali, scritti eruditi, opere agiografiche, opere sulla Sacra Scrittura e l’epistolario contenente 154 lettere che ci aiuta a ricostruire il carattere complesso di Girolamo.

LO STUDIO, LA RICERCA LA CURA RACCONTATI DALL’OPERA DELLA CARRARA

La scena è stata tratta dalla stessa immagine dipinta da Rogier (o da Pierre) van der Weyden per il cosiddetto Trittico Sforza, oggi al Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles.

La scelta di questa iconografia, poco frequente nella tradizione rinascimentale italiana, sottolinea il ruolo del Santo come dottore della Chiesa; ammantato in un ricco mantello rosso, distoglie l’attenzione dal volume che stava leggendo per togliere la spina dalla zampa del leone ferito.

In quest’opera leggiamo molti degli elementi che hanno ispirato il progetto “La cura e la Bellezza”: lo studio infaticabile e la ricerca che guidano la vita di un uomo; il gesto umano, delicato, accogliente e incondizionato che cura il leone, dando sollievo al dolore. Come fa la bellezza.