Bernardo Bellotto

Venezia 1722 – Varsavia 1780

L’Arco di Tito

1742

Olio su tela 38 × 28 cm

Collezione Giacomo Carrara, 1796

Originale

Accademia Carrara
Sala 23

Riproduzione

Humanitas Gavazzeni
Emodinamica — secondo piano

Souvenir dipinti

Per comprendere meglio questo dipinto bisogna immaginarlo come una cartolina acquistata come ricordo di un viaggio. Nel Settecento e nell’Ottocento i giovani aristocratici europei intraprendevano un lungo itinerario nel vecchio continente, che poteva durare mesi o addirittura qualche anno. L’Italia era una delle mete predilette e una delle tappe obbligate: oltre a Venezia e Napoli, era Roma con i suoi resti archeologici e le sue collezioni d’arte e antiquariato. Gli artisti, formidabili interpreti del proprio tempo, talvolta s’inventano guide o intermediari per acquisto di opere d’arte, più spesso eseguono dipinti raffiguranti scorci e paesaggi: souvenir di un’esperienza formativa per pochi eletti.

Thomas Coryat con il libro Coryat’s Crudities dà avvio alla moda del viaggio in Italia, scatenando la pubblicazione di numerosi guide di viaggio. E la fortunata espressione “Grand Tour” è stata coniata da Richard Lassels che l’ha utilizzata proprio nella guida The Voyage of Italy del 1670. Mentre il più famoso libro di viaggio è Italienische Reise di Johann Wolfgang von Goethe, totalmente conquistato dalla visione dei Campi Flegrei, del sito archeologico e dall’attività vulcanica.

Professione vedutista

Giovanni Antonio Canal detto il Canalétto è colui che nel Settecento ha elevato il vedutismo a genere pittorico al pari della pittura di storia e di figura, i generi pittorici preferiti dall’Illuminismo. Canaletto, come uno scienziato animato da grande sensibilità e sentimento, dipinge le scene veneziane con l’aiuto preciso e affidabile della camera ottica e con la sapienza dello scenografo, ma poi amplia le prospettive, addolcisce luci e ombre, popola gli scorci di figure vere, naturali.

Canaletto era anche zio di Bernardo Bellotto e il suo maestro.

Figlio di Lorenzo Antonio Bellotto e Fiorenza Canal, sorella di Giovanni Antonio, Bernardo si forma presso la celebre bottega dello zio. Pare che intorno al 1742, seguendo il consiglio di quest’ultimo, Bernardo si rechi a Roma per esercitare il suo talento e dipingere vedute “di antiche fabbriche”, che aveva visto e replicato grazie ai quadri dello zio.

Con l’ausilio della camera ottica Bernardo riproduce la veduta con l’Arco di Tito, sulle pendici del colle Palatino, prima della ricostruzione di Valadier. L’effetto è vicino alle vedute dello zio, ma carico di una forza narrativa e umana originali.

Il soggiorno romano si rivela illuminante: la città moderna, cioè quella barocca di Bernini, Borromini e Sangallo è una vera scoperta. Dopo il ritorno dalla città eterna inizia a elaborare una propria tecnica, che il viaggio in Lombardia raffinerà ancora. Bernardo è un pittore abile, preparato e intelligente, si allontana dalle modalità di produzione della bottega e si distingue per uno stile proprio.

La sua carriera avrà una svolta decisiva quando Augusto III, principe elettore di Sassonia e re di Polonia, lo chiama a ricoprire la carica di “Peintre du Roi”, con il compito di illustrare Dresda rinnovata. Poi ci furono Vienna, Monaco, di nuovo Dresda e infine Varsavia, dove gli artisti italiani erano tenuti in grande considerazione alla corte del sovrano-mecenate, quindi il carattere di Bernardo, poco incline ai rapporti interpersonali, non ebbe difficoltà.

Affari di famiglia

Non esistono documenti che facciano luce sui rapporti umani e lavorativi tra lo zio-maestro Antonio Canal e il nipote-allievo Bernardo Bellotto, però sappiamo che il talentuoso nipote onora e sfrutta la fama dello zio firmandosi lui stesso “Canaletto”.